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Giá, perché la mela e non l’uva invece che orzo e luppolo? Noi tre siamo nati qui, nel bel mezzo di questo stupendo meleto che è la provincia di Cuneo, terra fra le prime in Italia e in Europa per quanto riguarda la produzione di mele, di cui la stra grande maggioranza viaggia poi su enormi mezzi per finire sulle tavole di paesi vicini e lontani. Mele, mele ovunque attorno a casa e poi puff! presenti solo su bancarelle o su ripiani di una grande catena di supermercati. Ci siamo chiesti allora se questo simbolo per il territorio potesse in qualche modo diventare ancora di più un valore aggiunto per esso, fermando il frutto a poca distanza dall’albero che lo ha visto nascere: da qui in avanti ha preso pian piano forma Arvirá.

Dopo aver quindi identificato nella mela un valore inespresso per il luogo in cui viviamo, la scelta sul cosa produrre si è legata a braccetto con gli studi enologici di Livio che, lontano dalle uve langarole, decide di mettere in campo il sapere acquisito cimentandosi subito con uno dei processi enologici più pregiati e complicati: il metodo classico. Fin dal primo momento la volontà era quella di vestire con un abito più nobile possibile un prodotto “sfortunato” per quanto riguarda le trasformazioni come la mela cuneese. Da qui il nome “Arvirá” (rigirato, capovolto ma anche arrabbiato, scontroso) un aggettivo piemontese identificativo per un prodotto abituato a stare a testa in giù durante la seconda fermentazione in bottiglia.

Autore

Pietro Cigna

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